Tranquilli! L'italiano lo devono conoscere solo quelle persone che oggi, nel nostro Paese, sono ritenute un grosso peso e mal sopportate, cioè gli extracomunitari.
E' sacrosanto si dirà, in fondo se un immigrato oltre ad aver rubato il lavoro ai nostri figli, perchè noi abbiamo tutti, figli che potenzialmente anelano a diventare muratori, raccoglitori di pomodori, badanti e altro, in nero, devono vedersi soffiare sotto il naso anche un'attività in proprio, un'impresa, nonostante sappiano parlare italiano da quando sono nati, è doveroso da parte degli extracomunitari sapere almeno la nostra lingua!
Per fortuna, ci ha pensato la deputata leghista Silvana Comaroli proponendo nell'emendamento al decreto legge incentivi, presentato nelle commissioni Attività produttive e Finanze della Camera:
''Le regioni, nell'esercizio della potestà normativa in materia di disciplina delle attività economiche - si legge nell'emendamento - possono stabilire che l'autorizzazione all'esercizio dell'attività di commercio al dettaglio sia soggetta alla presentazione da parte del richiedente, qualora sia un cittadino extracomunitario, di un certificato attestante il superamento dell'esame di base della lingua italiana rilasciato da appositi enti accreditati''.
Felice e non doma della sua prima idea, è andata oltre con un'altro emendamento sulle insegne multietniche:
''Le regioni - si legge nel testo - possono stabilire che l'autorizzazione da parte dei comuni alla posa delle insegne esterne a un esercizio commerciale è condizionata all'uso di una delle lingue ufficiali dei Paesi appartenenti all'Unione europea ovvero del dialetto locale''.
Facciamo una prova: se l'insegna di un negozio, qui a Savona, è "Sciôe" (sciue), cosa credete di poter comprare?
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