Ancora un'altra vittima del Nanga Parbat: l'alpinista Unterkircher che con Simon Kehrer e Walter Nones aveva tentato la scalata sulla parete Rakhiot è caduto in un crepaccio.
Scalare deve essere una sensazione magnifica; salire metro dopo metro contando su se stessi e i compagni di cordata.
Uniti da una passione che rende temerari, audaci al punto di rischiare la propria vita per arrivare lassù oltre gli ottomila.
Forse ci sentiamo potenti, capaci d'affrontare l'impossibile dopo aver sofferto per il freddo, per aver affrontato le insidie della neve, del ghiaccio, per essere stati storditi dall'aria rarefatta.
Fa venire le vertigini solo a pensarci immaginare d'essere arrivati sulla vetta.
Quando accade una disgrazia, come in questo caso, allora per un po' ci ridimensioniamo e confrontandoci con quei colossi ci sentiamo fragili, imperfetti, con i nostri crucci, le nostre speranze; così umani.
Ci limitiamo adesso a fare il tifo per Kehrer e Nones perchè possano tornare a casa per raccontarci della loro avventura e ricordare con loro un giovane grande alpinista che ci ha lasciati.
4 commenti:
...d'Amore si muore...
@margherita: Spesso è vero.
A presto!
Il bello (si fa per dire..) è che quelli muoiono per l'orrore che hanno di posti come i nostri... (io ci sono stato e li ho conosciuti..)
http://blorum.splinder.com/post/17860114/Nanga+Parbat
Il bello (si fa per dire..) è che quelli muoiono per l'orrore che hanno di posti come i nostri... (io ci sono stato e li ho conosciuti..)
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