Ho visto l'intervista a Daniel Pennac da parte di Fabio Fazio su Rai3 (Che tempo che fa) nella quale lo scrittore presentava il suo ultimo libro: "Diario di scuola" edito da Feltrinelli (pp.242, euro 16.00).
Pennac, il cui vero cognome è Pennacchioni, nacque a Casablanca nel 1944, visse un'infanzia in giro per il mondo (Africa, Europa e Asia); divenne insegnante in un liceo di Parigi dove tuttora vive. Si è dedicato all'insegnamento dei ragazzi difficili e all'attività di scrittore raggiungendo il successo con la tetralogia di Belleville. Quattro romanzi (editi tra il 1991 e il 1995) incentrati su Benjamin Malaussène, di professione capro-espiatorio.Claudio Bisio ha portato in scena la pièce che Pennac ha tratto appunto da questi romanzi con la regia di Giorgio Gallione e riscuotendo grande successo.
Pennac nel suo ultimo libro racconta le sue disavventure scolastiche (ci mise un anno intero per imparare la lettera A) e mentre suo padre con umorismo diceva che per imparare l'alfabeto ci avrebbe messo 26 anni, sua madre lo considerava il "figlio precario"; ma proprio per questi suoi problemi ha voluto rivolgere la sua attenzione ai problemi della scuola. Bambini, ragazzi, insegnanti, genitori Pennac si rivolge a loro perché la comprensione dei piccoli e dei giovani da parte degli adulti é fondamentale per la loro crescita mentale e avvicinarli al sapere, alla conoscenza é fondamentale come capire la loro sofferenza; solo allora sarà possibile "insegnare".
Il libro, uscito in Francia col titolo "Chagrin d'Ecole" (Patema di Scuola) ha vinto il
premio Renaudot.
Ho gradito molto ascoltare Pennac, il suo umorismo lo rende simpatico, ma la profondità delle sue affermazioni fanno un pò rimpiangere d'aver avuto degli insegnanti meschini
che spesso hanno tarpato le ali a tanti ragazzi con la loro superficialità e incompetenza.Magari saranno stati geni nella loro materia, ma in quanto "insegnanti" beh per quello il giudizio é pollice verso.
Pennac nel suo ultimo libro racconta le sue disavventure scolastiche (ci mise un anno intero per imparare la lettera A) e mentre suo padre con umorismo diceva che per imparare l'alfabeto ci avrebbe messo 26 anni, sua madre lo considerava il "figlio precario"; ma proprio per questi suoi problemi ha voluto rivolgere la sua attenzione ai problemi della scuola. Bambini, ragazzi, insegnanti, genitori Pennac si rivolge a loro perché la comprensione dei piccoli e dei giovani da parte degli adulti é fondamentale per la loro crescita mentale e avvicinarli al sapere, alla conoscenza é fondamentale come capire la loro sofferenza; solo allora sarà possibile "insegnare".
Il libro, uscito in Francia col titolo "Chagrin d'Ecole" (Patema di Scuola) ha vinto il
premio Renaudot.
Ho gradito molto ascoltare Pennac, il suo umorismo lo rende simpatico, ma la profondità delle sue affermazioni fanno un pò rimpiangere d'aver avuto degli insegnanti meschini
che spesso hanno tarpato le ali a tanti ragazzi con la loro superficialità e incompetenza.Magari saranno stati geni nella loro materia, ma in quanto "insegnanti" beh per quello il giudizio é pollice verso.
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